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Rischia una condanna per falso
ideologico
l’automobilista che fornisce alla polizia il
nominativo di un altro soggetto
come effettivo conduce del mezzo, al fine di
sottrarsi alla decurtazione dei
punti sulla patente. Lo ha chiarito la
Corte di cassazione con la sentenza
46326/20913.
I fatti
Si fa riferimento al presunto falso ideologico
commesso in due occasioni
dall’imputata che riferiva alla Polizia
Municipale di Roma che alla guida di
due autovetture, di cui era intestataria e con le
quali erano state commesse
violazioni alle norme del codice della strada
alle quali conseguivano, come sanzione
accessoria, la decurtazione di punti sulla
patente di guida, si trovava altra
persona che in quel periodo era incaricata di
accompagnare a scuola i figli
dell’imputata con le auto della stessa che alla
ricezione della comunicazione
ministeriale della decurtazione aveva manifestato
la propria estraneità agli
addebiti in quanto violazioni elevate in orari e
zone della città incompatibili
con la sua attività di
conducente-accompagnatore.
La norma
Nell' ipotesi di decurtazione dei punti dalla
patente del conducente non
identificato al momento dell'accertamento
dell'illecito al proprietario
dell’autovettura viene chiesto, oltre al
pagamento della sanzione, di
comunicare i dati del conducente sottoscrivendo e
facendo sottoscrivere una
autocertificazione la cui falsità è sanzionabile
in sede penale ai sensi del
combinato disposto di cui agli articoli 76 del
Dpr 445/2000 e
483 Cp.
In realtà l’articolo 126-bis
del codice della strada prevede che nel caso di
mancata
identificazione del conducente il proprietario
del veicolo, ovvero altro
obbligato in solido ai sensi dell'articolo
196,
deve fornire all'organo di polizia che procede,
entro sessanta giorni dalla
data di notifica del verbale di contestazione, i
dati personali e della patente
del conducente al momento della commessa
strutturato sulla forma della
dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà
richiamando le responsabilità
e le sanzioni penali previste in caso di false
attestazioni. Inoltre richiede
in calce la sottoscrizione del conducente
precisando che, in caso di mancata
sottoscrizione da parte del conducente, il
verbale gli sarà notificato. È
opportuno aggiungere che, oltre alla
sottoscrizione, si chiede al conducente una
fotocopia firmata della patente di guida. Orbene,
mentre opportunamente il
legislatore nell’articolo 126-bis
tace
sulle modalità con le quali i dati debbano essere
comunicati, la pubblica
amministrazione ricorre a una formalità
particolarmente "impegnativa"
e coinvolge addirittura il conducente
"minacciando" di applicare sanzioni
nei suoi confronti in caso di mancata
sottoscrizione.
La forma della comunicazione
La legge, è il caso di ribadirlo, non prevede né
invoca forme solenni per la
dichiarazione e inoltre, da un lato, non minaccia
responsabilità penali nel
caso di errata comunicazione e, dall’altro, non
impone alcun obbligo al
conducente. Se si riesce a leggere il quadro
normativo alla luce di quanto
avviene nella realtà, si capisce facilmente la
"ratio" che ha indotto
il legislatore a non richiamare le formalità di
cui all’articolo 47 Dpr
445/2000 (secondo la definizione di cui all’
articolo 1 lett. h) del Dpr citato
la "Dichiarazione sostitutiva di atto di
notorietà" è il
documento sottoscritto dall'interessato,
concernente stati, qualità personali e
fatti, che siano a diretta conoscenza di questi,
resa nelle forme previste dal
presente testo unico") e a non richiedere
sottoscrizioni di conferma al
conducente.
Inoltre, è appena il caso di osservare che le
norme in materia di dichiarazioni
sostitutive mirano a soddisfare un'esigenza di
semplificazione della
documentazione amministrativa concedendo al
privato la facoltà di sostituire
una certificazione ovvero un atto di notorietà
con una dichiarazione dotata di
determinate forme. Invece nel caso di specie si
assiste ad un vero e proprio
capovolgimento della ratio legislativa
trasformando una facoltà in
obbligo e strumentalizzando a favore
dell'amministrazione una prerogativa del
privato.
Ne consegue che il proprietario del veicolo, in
ossequio e in completa aderenza
a quanto prescrive la legge, potrebbe limitarsi a
comunicare, senza vincoli di
forma, al Comando accertatore di aver prestato
l'autovettura a tizio che
verosimilmente si trovava alla guida il giorno
dell’infrazione.
Conclusioni
La convinzione dell’imputata che alla guida si
trovasse l’accompagnatore dei
figli va esclusa in quanto alla notifica delle
due violazioni, l’una distante
dall’altra di due mesi, assunse un identico
comportamento inviando al comando
della polizia municipale due dichiarazioni uguali
con le quali comunicava di
non essere lei a condurre le auto bensì
l’autista-accompagnatore. Un simile
comportammo ha portato gli ermellini a ritenere
che le mendaci dichiarazioni
inviate alla polizia municipale non sono state
fornite allo scopo di non
corrispondere il quantum economico bensì
orientate a conseguire un diverso
ingiusto profitto con altrui danno, quello di non
subire decurtazioni di
punteggio sulla propria patente di
guida.
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