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Anche i delitti sulla privacy, la frode informatica con
sostituzione dell'identità
digitale e l'indebito utilizzo e falsificazione di carte di credito
sono
entrati a far parte del catalogo dei reati contemplati dal Dlgs
231, come
previsto dal Dl 93 del 14 agosto 2013 (il decreto che contiene le
norme sulla
violenza di genere, ora all'esame della Camera per la conversione
in legge).
Ma se l'introduzione dei reati di frode informatica e di
contraffazione di
carte di credito potrebbe non avere conseguenze operative
importanti per le
aziende, i delitti sulla privacy saranno di grande impatto,
soprattutto per la
configurazione della responsabilità per l'illecito trattamento dei
dati.
Gli ingressi più recenti
L'inosservanza di specifici provvedimenti del Garante della privacy
o la
mancata acquisizione del consenso per il trattamento dei dati per
fini di
marketing, o ancora la conservazione delle riprese di
videosorveglianza per
periodi superiori a 7 giorni sono solo alcuni esempi delle
violazioni
potenzialmente in grado di interessare l'intera platea delle
società
commerciali.
A evidenziare questa circostanza è stata proprio la Corte di
cassazione, con la
relazione III/01/2013 del 22 agosto scorso. Con l'articolo 9 del Dl
93/2013,
infatti, è stata introdotta una nuova aggravante a effetto speciale
del delitto
di frode informatica (640-ter del Codice penale) nel caso in cui il
fatto venga
commesso con sostituzione dell'identità digitale in danno di uno o
più
soggetti. La pena prevista è la reclusione da due a sei anni e una
multa da 600
a 3mila euro. Scopo normativo, secondo la Cassazione, è ampliare la
tutela
dell'identità digitale per aumentare la fiducia dei cittadini nei
servizi
online e arginare le frodi con furto di identità.
La stessa norma ha poi inserito nel reato di frode informatica,
aggravato dalla
sostituzione dell'identità digitale, l'indebito utilizzo,
falsificazione,
alterazione e ricettazione di carte di credito o di pagamento
(articolo 55
comma 9 del Dlgs 231/2007), e i delitti (ma non le contravvenzioni)
sulla
violazione della privacy previsti dal Dlgs 196/2003 – e cioè le
fattispecie di
trattamento illecito dei dati, di falsità nelle
dichiarazioni-notificazioni al
Garante e di inosservanza dei provvedimenti del Garante – nel
catalogo dei
reati che fanno scattare la responsabilità degli enti a norma del
Dlgs
231/2001.
Le conseguenze
Tutte le imprese che hanno già adottato modelli organizzativi in
base al
decreto 231 e quelle che, in futuro, intendono predisporre i
modelli, devono
ora prevedere le misure organizzative e di prevenzione per questi
nuovi
delitti.
In assenza dei modelli preventivi o anche in presenza di modelli
inadeguati o
non aggiornati, se i vertici dell'impresa dovessero commettere uno
dei delitti
previsti in materia di privacy, la società sarà soggetta a una
sanzione da 100
a 500 quote. Considerato che una quota singola può variare da un
minimo di 258
fino a un massimo di 1.549 euro, la sanzione minima potrà oscillare
tra 25.800
e 154.900 euro, mentre quella massima tra 129.000 e 774.500
euro.
Infine, bisogna ricordare che nell'arco di 11 anni si sono
susseguite ripetute
integrazioni, che hanno di gran lunga ampliato il catalogo delle
violazioni
penali rilevanti.
In particolare, qualche mese fa era stato aggiunto l'irregolare
impiego di
cittadini extracomunitari, mentre, nel 2011 era stata la volta di
una serie di
reati ambientali. Nel 2009 invece sono arrivati i reati di
criminalità
organizzata, i delitti contro l'industria e il commercio; i reati
legati alla
violazione del diritto d'autore, e l'induzione a non rendere
dichiarazioni
mendaci all'autorità giudiziaria.
Nel 2007 con le violazioni penali in materia di sicurezza sui posti
di lavoro
si è verificata la vera svolta, perché questi reati interessano
l'intero mondo
imprenditoriale. Inoltre, senza un modello organizzativo
aggiornato, la società
risponderà penalmente quando una delle persone che riveste funzioni
di
rappresentanza, amministrazione, direzione, gestione e controllo
dell'ente,
ovvero un soggetto sottoposto alla loro direzione o vigilanza,
materialmente dà
o promette denaro o altra utilità al pubblico ufficiale o
all'incaricato di
pubblico servizio. In caso di accertata responsabilità della
società, questa
può essere condannata a una sanzione pecuniaria fino a 1,2 milioni
circa).
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