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Chi si trasferisce all'estero paga solo sui redditi italiani
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Per l'articolo 2 del Tuir soggetti passivi Irpef sono le
persone fisiche, residenti
e non residenti nel territorio dello Stato. In particolare, si
considera
residente in Italia chi, per la maggior parte del periodo di
imposta è,
alternativamente: iscritto nelle anagrafi comunali della
popolazione residente;
domiciliato nel territorio dello Stato ex articolo 43, comma 1,
Codice civile;
residente nel territorio dello Stato ex articolo 43, comma 2,
Codice civile. Si
considerano poi residenti in Italia, salvo prova contraria, i
cittadini
italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e
trasferiti in
paradisi fiscali.
L'articolo 3, comma 1, del Tuir prevede poi il principio del World
wide
taxation per cui un cittadino italiano è tassato nel nostro Stato
per i redditi
ovunque prodotti, mentre il cittadino estero soltanto per i redditi
prodotti in
Italia. Si considerano prodotti nel territorio dello Stato: i
redditi di lavoro
dipendente, prestato nel territorio dello Stato, compresi quelli
assimilati; i
redditi di lavoro autonomo, derivanti da attività esercitate nel
territorio
dello Stato; il reddito di impresa (imponibile se derivante da
attività svolta
nel territorio dello Stato a mezzo di stabili organizzazioni); i
redditi
diversi.
I non residenti titolari di redditi imponibili in Italia sono
soggetti, quindi,
ai seguenti obblighi fiscali: presentazione della dichiarazione
annuale dei
redditi ai fini Irpef (ad eccezione dei casi di esonero) e
versamento delle
relative imposte (saldo per l'anno precedente e acconti per l'anno
in corso);
imposte su eventuali immobili posseduti; in caso di successione,
per gli
immobili e per i diritti immobiliari rimane l'obbligo di
presentazione della
relativa dichiarazione. Dunque, i contribuenti che hanno trasferito
la
residenza all'estero sono tassati in Italia non per tutti i loro
redditi ma
soltanto per quelli eventualmente prodotti nel territorio
italiano.
Nel caso in cui l'Amministrazione finanziaria dovesse ritenere
sussistente la
residenza fiscale nel territorio italiano, i redditi, ovunque
prodotti saranno
assoggettati a tassazione in Italia.
Le possibili contestazioni, in questi casi, sono sostanzialmente le
seguenti:
- omessa presentazione della dichiarazione: si verifica se il
contribuente
ritenuto fittiziamente residente all'estero, e dunque
presuntivamente residente
in Italia, non avendo conseguito redditi nel nostro Stato (nella
sua dichiarata
posizione di non residente), non ha presentato alcuna
dichiarazione.
A questo proposito l'articolo 1, comma 1, Dlgs 471/1997 prevede la
sanzione
amministrativa: dal 120% al 240% dell'imposta dovuta, con un minimo
di 258
euro; da 258 euro a 1.032 euro, se non sono dovute imposte,
determinabile fino
al doppio nei confronti dei soggetti obbligati alla tenuta di
scritture
contabili;
- dichiarazione infedele (omessa o errata indicazione di redditi o
esposizione
di indebite deduzioni/detrazioni): si verifica se il contribuente
ritenuto
residente in Italia, nel nostro Stato ha comunque dichiarato dei
redditi
nonostante la sua asserita posizione di non residente. È verosimile
quindi la
sussistenza di una dichiarazione infedele in quanto non comprende
anche gli
altri redditi prodotti (fittiziamente secondo il fisco) all'estero.
Le
conseguenze amministrative, previste dall'articolo 1, comma 2, Dlgs
471/1997
sono l'applicazione di una sanzione amministrativa dal 100 al 200%
della
maggiore imposta o del minor credito. La stessa sanzione è prevista
in caso di
indebite deduzioni dall'imponibile e di detrazioni d'imposta. Si
sottolinea,
poi, che in forza dell'articolo 12, comma 2, Dl 78/2009, qualora i
redditi
sottratti ad imposizione si trovino in un Paese a regime fiscale
privilegiato
(black list), le sanzioni per l'omessa dichiarazione e per la
dichiarazione
infedele sono raddoppiate (vanno quindi dal 240% al 480% per
l'omessa
dichiarazione e dal 200% al 400% per la dichiarazione
infedele).
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