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 Il presupposto per l'applicazione della sospensione della tassazione in uscita
prevista dall'articolo 166 del Tuir è il trasferimento di sede che comporti
congiuntamente la perdita della residenza fiscale secondo i criteri
dell'articolo 73, comma 3, sempre del testo unico. Ma i due eventi non sono
temporalmente coincidenti e ciò determina complessità applicative che la
circolare 5 dell'Assonime contribuisce a chiarire.

Le regole base

Nel nostro ordinamento una società di capitali si considera residente se per la
maggior parte del periodo di imposta ha la sede legale o la sede
dell'amministrazione o l'oggetto principale nel territorio dello Stato. Ne
deriva una dissociazione tra ciò che accade civilisticamente e ciò che si
verifica dal punto di vista fiscale: quando il trasferimento di sede è
effettuato nella seconda metà del periodo di imposta, a partire dalla data di
efficacia giuridica dello stesso e fino alla fine del periodo di imposta si
configura una stabile organizzazione ai soli fini civilistici, e non agli
effetti fiscali, perché la società si considera residente fino al termine del
periodo di imposta.

Specularmente, quando il trasferimento di sede avviene nella prima metà del
periodo di imposta, si configura una stabile organizzazione italiana del soggetto
che si trasferisce, ai soli fini fiscali, dall'inizio del periodo d'imposta
fino alla data di efficacia giuridica del trasferimento. Si tratta di una
stabile organizzazione che non va confusa con quella che eventualmente permane
in Italia dopo la data di efficacia giuridica del trasferimento di sede: la
prima precede il trasferimento di sede ed è appellata in dottrina stabile
organizzazione "iniziale" per distinguerla dalla seconda che segue
tale trasferimento ed è denominata stabile organizzazione "finale".

La configurazione di una stabile organizzazione "iniziale" solo
fiscale determina, secondo l'Assonime, «una fattispecie a formazione
progressiva, in cui all'inizio dell'anno deve assumersi che ci sia stato il
realizzo dei beni estranei alla sede che resta in Italia fino al suo
trasferimento e con lo spostamento della sede si verifichi il realizzo anche
degli altri beni spostati all'estero a seguito appunto del trasferimento di
sede». Su entrambi i fenomeni di realizzo delle plusvalenze interviene il
regime di sospensione della tassazione previsto dal decreto ministeriale 2
agosto 2013.

Esemplificando, se il trasferimento della residenza è effettuato il 20 febbraio
2014 (prima parte del periodo di imposta) la società si considera non residente
in Italia dal 1° gennaio 2014. Se l'impresa ha beni che non sono collegati alla
sede che viene trasferita a febbraio (per esempio, beni all'estero), la
plusvalenza relativa a tali beni va determinata alla data del 1° gennaio 2014 e
concorrerà alla formazione del reddito della società trasferita relativo al
2013 (ultimo periodo di residenza in Italia). Le plusvalenze relative ai beni
che restano attribuiti alla sede in Italia concorreranno alla formazione del
reddito nel momento in cui vi è il trasferimento materiale della sede, ad
eccezione dei beni che sono lasciati in Italia in una stabile organizzazione
"finale". In sostanza, tali plusvalenze concorrono alla formazione
del reddito del periodo in cui avviene il trasferimento giuridico della sede,
unitamente ai redditi maturati dalla stabile organizzazione
"iniziale" che si configura dal 1° gennaio al 20 febbraio 2014.

La stabile organizzazione

La distinzione tra stabile organizzazione "iniziale" e stabile
organizzazione "finale" non si pone in ipotesi di trasferimento di
sede effettuato nella seconda metà del periodo di imposta.

Se, ad esempio, il trasferimento avviene il 31 luglio 2014, l'impresa è
residente fiscale in Italia per tutto il 2014 e diverrà non residente dal 1°
gennaio 2015; la plusvalenza da exit dovrà essere determinata in base ai valori
spostati oltre confine, come individuati al 1° gennaio 2015, e dovrà concorrere
alla formazione del reddito dell'ultimo periodo di residenza chiuso il 31
dicembre 2014.

Dalla ricostruzione teorica elaborata da Assonime è palese che la disciplina
interna concernente la residenza fiscale (articoli 2, 5 e 73 del Tuir)
determini oggettive complessità che nel caso dell'applicazione della exit tax
"esplodono" in tutta la loro evidenza, alimentando ipotesi di doppia
tassazione o doppia esenzione da evitare mediante le regole delle convenzioni,
in conseguenza del fatto che la gran parte degli altri paesi prevedono che la
residenza si acquisiti o si perda nell'istante in cui avviene il trasferimento
giuridico nel territorio dello Stato o fuori di esso (cosiddetto split year),
diversamente dalla nostra legislazione che dà rilievo all'elemento temporale
della maggior parte del periodo di imposta. Una revisione della disciplina
interna gioverebbe certamente al sistema

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