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  • Ecotassa; Parigi contro l'Italia

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L'insofferenza fiscale dei francesi si è trasformata,

come previsto, in rivolta. E a farne le spese, forse non a caso, è
l'ecotassa sui camion, la cui gestione è stata affidata a un consorzio
(Ecomouv) guidato dalla società italiana Autostrade (gruppo Atlantia). Che di
Ecomouv ha il 70%, mentre la quota restante è in mano a quattro aziende
francesi: Thales, Sncf, Sfr e Steria.

Una quindicina di installazioni - undici terminali per registrare i passaggi e
quattro portali per rilevare eventuali infrazioni - sono state distrutte.
Soprattutto in Bretagna, la regione dov'è partita la protesta, ma anche in
Aquitania e nel Nord, a dimostrazione che la contestazione si sta estendendo.
Mentre altre sono state smantellate dallo stesso consorzio, su richiesta del
Governo, per cercare di allentare la tensione.

È una storia lunga e accidentata, quella dell'ecotassa. Comincia nei primi anni
2000, ma diventa concreta nel 2008, con il varo di una serie di misure
ambientali. Il modello è quello della Germania, dove un prelievo analogo - dopo
un avvio difficile - garantisce entrate per 4,5 miliardi all'anno.

La gara è del marzo 2009, in previsione di un'entrata in vigore nel 2011. A
vincere, battendo la concorrenza di due altre cordate, è appunto Autostrade.
Che in questo campo, con Telepass, è all'avanguardia. L'amministratore delegato
Giovanni Castellucci commenta soddisfatto che «una società italiana può vincere
un importante appalto pubblico anche in Francia». Il contratto viene firmato il
20 ottobre del 2011. Della durata di 11,5 anni, prevede che Ecomouv realizzi un
sistema di esazione per camion oltre le 3,5 tonnellate in base al
chilometraggio percorso sulla rete stradale nazionale e regionale: 650 milioni
di investimenti iniziali per installare oltre 4mila terminali e 170 portali su
15mila chilometri di strade. La tassa (di 13 centesimi medi a chilometro)
dovrebbe garantire incassi per circa 1,15 miliardi: 250 milioni vanno a Ecomouv
a titolo di noleggio delle attrezzature, 150 agli enti locali e 750 allo Stato.
A partire dal 2014, perché il Governo - proprio per non gettare altra benzina
sul fuoco fiscale - decide per due volte di rinviarne l'entrata in vigore.

Ma non basta. La protesta contro i ripetuti aumenti delle tasse e una politica
fiscale fatta di annunci e dietrofront, diventa ribellione. E il Governo, dopo
aver annunciato la sospensione dell'ecotassa, se la prende con Ecomouv, che
rischia di diventare il capro espiatorio di questa situazione esplosiva. Con
risvolti nazionalistici che fanno a pugni con le belle parole sull'Europa.

Come se il contratto (5mila pagine), pur ereditato dal precedente Governo, non
fosse stato spulciato dall'attuale Esecutivo, come se appena un mese fa il
ministero dei Trasporti non avesse detto che tutto era pronto, il ministro
dell'Economia Pierre Moscovici ha dichiarato ieri che «bisognerà rivedere
l'intero impianto dell'accordo». Perché Ecomouv non avrebbe «ottemperato a
tutti i suoi obblighi» (si parla di ritardi che potrebbero comportare una
penale di 20 milioni) ma soprattutto perché i termini del contratto sarebbero
estremamente vantaggiosi per il consorzio, con una remunerazione fissa e pari a
circa il 20% dell'incasso totale, per un valore netto finale di circa 2,4
miliardi. In Germania, fanno notare alcuni, la percentuale è del 13,6.
Dimenticando che in Germania sono interessati solo i camion di oltre 12
tonnellate e su una rete stradale molto più ridotta. La realtà, secondo un
rapporto parlamentare, è che il costo di gestione per camion e per chilometro è
inferiore a quello tedesco (0,23 rispetto a 0,27).

L'impressione, insomma, è che si tratti di contestazioni strumentali (cui si
aggiungerà una commissione parlamentare d'inchiesta). Finalizzate forse a
contenere i costi del rinvio (18 milioni al mese) e della penale di
un'eventuale soppressione della tassa (800 milioni). Certamente a cercare di
salvare la faccia di un Governo alla disperazione. A maggior ragione quando
Moscovici aggiunge queste parole: «È stupefacente che si sia delegata l'esazione
di una tassa nazionale a un fornitore di origine estera». Chissà, la prossima
volta potrebbe spingersi ad aggiungere «italiano».

 

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