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Il governo di Dilma Rousseff pare avviato verso un
nuovo schema di politica commerciale. Ridurrà, entro breve, i
dazi
all'importazione su oltre 100 prodotti industriali. Lo ha
annunciato il
ministro delle Finanze Guido Mantega: «Scenderanno all'8-10%
dall'attuale 25% e
ciò consentirà un aumento della competitività e una riduzione del
costo del lavoro».
La lista dei settori interessati alla riduzione dei dazi è ampia:
acciaio,
vetro, chimica, tessile, carta, derivati del petrolio, alimentari,
macchinari.
Un'inversione di tendenza piuttosto netta se si pensa che, un anno
fa, lo
stesso Mantega aveva lanciato un ennesimo allarme internazionale
per quella
"guerra delle valute" che, attraverso una sopravalutazione del
real,
la moneta brasiliana, penalizzava l'intera struttura produttiva del
gigante
latinoamericano.
Un anno fa i dazi erano stati alzati proprio per proteggere le
industrie locali
schiacciate da un real troppo elevato e da quella che gli
economisti chiamano
"ragione di scambio", ovvero il rapporto in base al quale beni
di
diversi Paesi vengono scambiati a un certo tasso di cambio.
«Sono cambiate le condizioni - ha spiegato Mantega pochi giorni fa
- e oggi,
con l'attuale tasso di cambio, siamo nelle condizioni di ridurre i
dazi sui
beni menzionati».
Si apre quindi una nuova fase di politica commerciale e si
archivia, almeno per
ora, la "guerra delle valute" iniziata nel 2010 e combattuta
alacremente dai governi Lula e poi Rousseff per contrastare gli
effetti che
hanno penalizzato la competitività del Brasile: basti ricordare che
dall'inizio
del 2009 a settembre 2011 il real si è rivalutato del 36 per cento
sul dollaro.
L'erosione di competitività dei prodotti brasiliani si è
perpetutata per 3-4
anni ed è diventata insostenibile tanto da spingere molti ministri
brasiliani a
chiedere un intervento internazionale.
La sopravvalutazione del real ha spinto i diplomatici brasiliani a
sottoporre
il caso alla Wto affinché proponesse una modifica normativa.
Alla base dei regolamenti della Wto vi è un articolo che diffida «i
Paesi
membri dall'ostacolare, mediante operazioni cambiarie, le
disposizioni degli
accordi». In verità la vicenda era ben più complessa dato che gran
parte delle
normative risale ai tempi in cui vigeva il trattato di Bretton
Woods e quindi
tassi di cambio fissi.
Alla fine il Brasile ha proposto alla Wto l'adozione di alcune
misure mirate a
tutelare alcuni Paesi membri da svalutazioni competitive, non
compatibili con
gli accordi internazionali.
Oltre ai ministri brasiliani scese in campo anche il presidente
della Banca
centrale brasiliana, Henrique Meirelles, che ha poi lasciato la
poltrona ad
Alexandre Tombini; Meirelles prefigurò una via di uscita: un
accordo tra Stati
Uniti e Cina. Solo così sarebbe stata evitata un'eccessiva
rivalutazione del
real. Non è stato necessario: i cicli economici e la congiuntura
internazionale
hanno potuto dirimere le controversie senza interventi esterni.
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