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Prova del trasferimento nel trasporto
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Prove certe per i beni oltre
confine. Uno dei
requisiti sostanziali della cessione intracomunitaria è
rappresentato dal
trasferimento fisico del bene da uno Stato membro all’altro. In
assenza di
specifici obblighi normativi in materia di documentazione da
utilizzare per
provare tale trasferimento, l’Amministrazione finanziaria ha
affrontato un
lungo percorso interpretativo, avviato con la risoluzione 345/E del
2007,
ripreso con le risoluzioni 477/E del 2008 e 123/E del 2009, e
completato nella
risoluzione 19/E del 2013 - le cui conclusioni sono state
recentemente
confermate, per il settore della nautica da diporto, dalla
risoluzione
71/E/2014, la quale ne ha “raffinato” alcuni aspetti per tener
conto del fatto
che, in tale ambito, i beni spesso si muovono in modo autonomo e
non sono
trasportati.
Con la risoluzione 19/E del 2013, in particolare, sebbene in modo
indiretto, le
Entrate paiono aver definito il quadro delle prove, indicando i
documenti
alternativi rispetto alla Cmr (la cosiddetta lettera di vettura
internazionale,
considerata quale documento principale) utilizzabili in sua
mancanza e
precisando che, in ogni caso, è necessario che tali documenti (Cmr,
Ddt
eccetera) siano firmati, oltre che dal mittente e/o dal
vettore/trasportatore,
anche dal destinatario che attesta in tal modo il ricevimento dei
beni a
destino. In alternativa, è necessaria una dichiarazione scritta del
cliente che
confermi l’avvenuta ricezione dei beni nello Stato membro di arrivo
(in tal
senso, paiono orientate anche le amministrazioni fiscali di altri
Paesi
comunitari).
Questa evoluzione interpretativa, peraltro, si è sviluppata
parallelamente alla
produzione giurisprudenziale comunitaria (a partire dalle cause
C-146/05 e
C-409/04) ed è stata accompagnata dagli esiti della giurisprudenza
nazionale
che non ha mancato di sottolineare gli obblighi di diligenza
professionale
richiesti agli operatori coinvolti nelle operazioni della specie
(Cassazione,
n. 13457/2012) oltre che il rigore dei comportamenti idonei a
provare la loro
buona fede nel caso in cui la documentazione inerente il
trasferimento dei beni
manchi o sia carente (Cassazione, n. 19747/2013).
In ogni caso, l’attuale quadro è il risultato delle indicazioni
distribuite su
un periodo non breve: non dovrebbe apparire strano, pertanto, se i
contribuenti
hanno adeguato nel tempo i propri comportamenti alle indicazioni
fornite
dall’Amministrazione finanziaria. Tanto più se si considera che
tali
indicazioni non sempre appaiono pienamente coerenti: la risoluzione
477/E/2008,
per esempio, più generosamente rispetto alla risoluzione n.
345/E/2007, ammette
che la prova dell’invio dei beni possa essere fornita con qualsiasi
altro
documento diverso da quello di trasporto.
Si consideri in particolare la presenza di un documento (Cmr o
altro)
debitamente sottoscritto, la cui necessità emerge nella risoluzione
19/E del
2013 (seppur non così perentoriamente, visto che è indicata fra
parentesi).
Una diversa impostazione che, in sede di controllo, non tenesse
conto della
cronologia con cui sono stati forniti i vari contributi
interpretativi,
rischierebbe di penalizzare eccessivamente gli operatori ponendosi
in contrasto
con il principio della certezza del diritto, secondo cui i soggetti
passivi
devono avere conoscenza dei loro obblighi fiscali prima di
concludere
un’operazione (causa
C-409/04).
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