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  • Riga, l'euro alla fine dell'austerità

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Da ieri (01/01/2014) la Lettonia è il 18° Paese dell'area euro. Un ingresso celebrato senza
particolari squilli di tromba, se si considerano scetticismo o indifferenza
della popolazione e si aggiunge il fatto che a traghettare Riga nell'Eurozona è
un governo dimissionario, dopo che il premier Valdis Dombrovskis ha rimesso il
mandato a novembre, in seguito al tragico crollo del tetto di un supermarket
(nel quale sono morte 54 persone); si tratta tuttavia dell'importante punto
d'arrivo di un percorso: dalla profonda crisi del 2008 - quando la Lettonia fu
costretta a chiedere sette miliardi e mezzo di prestiti internazionali per far
fronte a un tracollo (in gran parte bancario) poi certificato da un calo del
Pil del 17,7% nel 2009 - al risanamento e all'ammissione nel club della moneta
unica, seppure meno esclusivo di un tempo.

Rigore draconiano, riforme e determinazione politica sono gli ingredienti di
quella che si presenta senza dubbio come una storia di successo, seppure non a
costo zero per la popolazione, in particolare per l'impatto sociale delle
misure, e ancora con qualche ombra da fugare.

1Austerity di matrice tedesca

Dal 2009, quando il deficit sfiorava il 10% del Pil, il governo lettone ha
varato rigorosi budget, riducendo in maniera sostanziale la spesa,
prevalentemente attraverso tagli al pubblico impiego o agli stipendi (anche del
20 per cento). Tra il 2008 e il 2012 il consolidamento di bilancio è stato pari
al 17% del Pil, con conseguente, rapido adeguamento ai parametri di Maastricht
richiesti per l'ammissione all'euro: il deficit si è attestato nel 2013
all'1,4% del Pil secondo le ultime stime della Commissione Ue, il debito
pubblico (che peraltro era già relativamente basso e ha favorito il percorso di
risanamento) al 42,5 per cento.

2Accresciuta competitività

Per un Paese export-oriented come la Lettonia (dove le esportazioni sono circa
il 60% del Pil) la strada più facile per uscire dalla crisi sarebbe stata la
svalutazione della moneta. Ma Riga, che già dal 2005 ha ancorato il lats
all'euro, con un'oscillazione appena dell'1% rispetto alla parità centrale di
0,70 euro, ha scelto un'altra via per mantenersi competitiva: la svalutazione
interna, prevalentemente attraverso la riduzione del costo del lavoro unitario.
Uno studio realizzato per la Brookings Institutions da tre economisti del Fondo
monetario internazionale ha evidenziato tra l'altro che, nel caso lettone, il
miglioramento è avvenuto grazie a un incremento di produttività più che
attraverso una riduzione dei salari nel settore privato.

3Campione di crescita

L'economia lettone, tornata in territorio positivo nel 2011, ha messo a segno
da allora performance da record per l'Europa: +5,3% l'incremento annuo del Pil
nel 2011, +5% nel 2012, +4% nel 2013. E le stime della Commissione Ue per
quest'anno e il prossimo sono del 4,1-4,2 per cento. Proprio la crescita,
insieme alla prospettiva di un ingresso imminente nell'euro, ha spinto
l'agenzia Standard&Poor's a metà dicembre a migliorare da stabile a
positivo l'outlook sul rating della Lettonia. A trainare la crescita, oltre
all'export (+2,8% nel 2013 dopo il +9,4% del 2012) sono anche i consumi, il cui
incremento per il 2013 è stimato al 6 per cento.

4Fisco favorevole a imprese e investimenti

La corporate tax in Lettonia è oggi al 15 per cento: un'imposta societaria che
rimane tra le più basse in Europa. A questo si aggiungono una rete di incentivi
ed esenzioni finalizzati ad attrarre gli investimenti, e la detassazione dei
dividendi dal 1° gennaio dell'anno scorso. Fattori che hanno spinto già
qualcuno a ribattezzare Riga il nuovo paradiso fiscale dell'Eurozona: una nota
di diffidenza nei confronti dell'euromatricola che si affianca ai timori legati
all'alta percentuale di depositi bancari (circa il 50%) appartenenti a non
residenti, perlopiù russi, e che nei mesi scorsi ha fatto scattare
l'associazione con Cipro, colpita da una grave crisi finanziaria.

5Una sceltadi campo

Tra i fattori che hanno portato Riga nell'Eurozona non bisogna citare solo le
riforme: la scelta è anche figlia di un preciso disegno politico, mirato ad
affrancare il Paese - da sempre sospeso tra i due poli - dall'area di influenza
russa e a integrarlo sempre più nell'Europa occidentale. Per portarlo a termine
il governo ha messo in atto una massiccia campagna informativa volta a vincere
le resistenze della popolazione, preoccupata di un aumento dei prezzi legato al
changeover e timorosa di lasciare il lats, tornato moneta nazionale appena nel
1992 dopo 50 anni di rublo. Sono stati predisposti attenti controlli per
evitare abusi e, come elemento di ulteriore rassicurazione, è stato stabilito
che il doppio prezzo sarà obbligatorio fino a giugno. Gli sforzi sembrano dare
i primi frutti: nell'ultimo sondaggio Eurobarometro, condotto a novembre, i
favorevoli all'euro in Lettonia hanno superato (con il 53%) i contrari.

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