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Autovelox: nel verbale va indicato se la postazione è fissa o temporanea
Cassazione civile sez. VI-2, ordinanza 14.03.2014 n° 5997
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Con una significativa pronuncia resa in tema di autovelox, la
Corte di Cassazione ha
affrontato una fattispecie in cui gli agenti verbalizzanti – nel
caso di
specie, appartenenti al Corpo della Polizia di Stato – non avevano
dato conto
nel verbale elevato a carico del conducente del veicolo sanzionato
per eccesso
di velocità se la postazione dell'autovelox fosse fissa oppure
temporanea.
Il privato aveva per tale ragione impugnato la contestazione,
sostenendo la violazione
dell'art. 2 del DM Trasporti 15
agosto 2007, che così prevede “i
segnali stradali e i dispositivi di segnalazione luminosi devono
essere
installati con adeguato anticipo rispetto al luogo ove viene
effettuato il
rilevamento della velocità, e in modo da garantirne il tempestivo
avvistamento,
in relazione alla velocità locale predominante”.
Disposizione regolamentare, quella appena citata, direttamente
correlata alla previsione di
cui al comma 6 bis dell'art.
142 c.d.s., il quale, dopo aver chiarito che
“le postazioni di controllo sulla rete stradale per il rilevamento
della
velocità devono essere preventivamente segnalate e ben visibili,
ricorrendo
all'impiego di cartelli o di dispositivi di segnalazione
luminosi,
conformemente alle norme stabilite nel regolamento di esecuzione
del
c.d.s.", prevede che l'individuazione delle modalità di impiego
dovesse
avvenire con apposito decreto del Ministro dei Trasporti.
Il giudice di primo grado aveva quindi accolto l'impugnazione
della sanzione
amministrativa mentre il giudice di secondo grado aveva invece
ritenuto che il
verbale, nonostante l'omissione compiuta in ordine all'indicazione
della natura
(se permanente o temporanea) dell'autovelox, fosse comunque
valido.
Sul tema è quindi infine intervenuta la Cassazione, la quale ha
confermato l'impostazione
del giudice di primo grado.
In particolare, la Corte ha innanzitutto evidenziato come per
costante
giurisprudenza, ai sensi dell'art. 4 della L.
n. 168/2002 l'amministrazione proprietaria della strada è
tenuta a
dare idonea informazione dell'installazione e della conseguente
utilizzazione
dei dispositivi di rilevamento elettronico della velocità,
configurandosi, in
difetto, l'illegittimità del relativo verbale di contestazione. E
tale
disposizione normativa, prosegue la pronuncia, è stata interpretata
come una
norma cogente e dotata di una propria precettività: per cui dalla
violazione di
tale disposizione discende l'illegittimità della sanzione
eventualmente
elevata.
In coerenza con tale premessa di fondo, la Corte ha dunque
affermato che la preventiva segnalazione univoca ed adeguata della
presenza dell'autovelox è un obbligo specifico ed
inderogabile degli organi di polizia stradale, la cui violazione
comporta la
nullità della sanzione. Infatti, diversamente ragionando, la norma
in questione
risulterebbe una prescrizione priva di conseguenze, cosa questa che
sembra
invece esclusa dalla stessa ragione logica della previsione
normativa.
Alla luce di tale inquadramento, la Corte ha quindi concluso il
proprio ragionamento
evidenziando come nel verbale di accertamento deve essere indicato
anche il
carattere temporaneo o permanente della postazione di controllo per
il
rilevamento elettronico della velocità.
Su tali presupposti la Corte ha dunque cassato la pronuncia di secondo grado.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE VI CIVILE-2
Ordinanza 7 febbraio – 14 marzo 2014, n. 5997
(Presidente Piccialli – Relatore Carrato)
Fatto e diritto
Rilevato che il consigliere designato ha depositato, in
data 4 novembre 2013, la seguente proposta di definizione, ai sensi
dell'art. 380 bis c.p.c.: “Con ricorso proposto ai sensi dell'art.
204 bis c.d.s. 1992, il sig. R.L.G. formulava opposizione, dinanzi
al Giudice di
pace di Pordenone, avverso un verbale di accertamento elevatogli in
data 30
marzo 2010 dalla Polstrada di Frosinone, con cui gli era stata
contestata la
violazione prevista dall'art. 142, comma 9, dello stesso c.d.s.,
sostenendo
l'illegittimità dell'atto impugnato per assunta violazione delle
disposizioni
dettate dall'art. 2 del D.M. Trasporti del 15 agosto 2007 in ordine
alla
modalità di accertamento della contestata infrazione
amministrativa.
Nella costituzione dell'opposto Prefetto, l'adito Giudice di pace,
con sentenza
n. 301 del 2011, accoglieva il ricorso e, per l'effetto, annullava
l'impugnato
verbale di accertamento. A seguito di formulazione di appello da
parte del
suddetto Prefetto al quale resisteva l'appellato, II Tribunale di
Pordenone,
con sentenza n. 628 del 2012 (depositata il 4 luglio 2012),
accoglieva il
gravame e, pertanto, riformava la sentenza impugnata, confermando
la
legittimità del verbale opposto e condannando l'appellato alla
rifusione delle
spese giudiziali.
Il R.L. ha impugnato per cassazione (con ricorso notificato il 13
febbraio 2013
e depositato il 4 marzo 2013) la suddetta sentenza di secondo
grado, sulla base
di un unico complesso motivo. L'intimato Prefetto non ha svolto
attività
difensiva in questa fase di legittimità.
Con l'unico motivo dedotto il ricorrente ha prospettato - ai sensi
dell'art.
360, comma 1, n. 3, c.p.c. - la violazione o falsa applicazione
dell'art. 2000
c.d.s. 1992, nonché degli artt. 1 lett. a) e 2 del D.M. Trasporti
15 agosto
2007, deducendo l'illegittimità della sentenza impugnata nella
parte in cui,
nel ravvisare la correttezza delle modalità di accertamento della
riscontrata
violazione di cui all'art. 142, comma 9, cit. c.d.s., era stato
ritenuto che
fosse onere del trasgressore sopperire alla carenza del contenuto
(della copia)
del verbale di contestazione, anche con riferimento alla natura
fissa o mobile
del segnale di preavviso della postazione di controllo, chiedendo
chiarimenti
ai verbalizzanti, nell'immediatezza della contestazione, così
rimanendo
salvaguardato il suo diritto di difesa (rilevandosi come, peraltro,
il
contravventore avrebbe potuto portarsi al chilometraggio
significativo per
verificare il posizionamento del predetto segnale).
Ritiene il relatore che il motivo così come formulato - rispondente
ai
requisiti di cui all'art. 366 c.p.c. - possa qualificarsi
manifestamente
fondato, con la conseguente definibilità del ricorso nelle forme di
cui
all'art. 380 bis c.p.c., con riferimento all'ipotesi enucleata
nell'art. 375 n.
5) c.p.c.
Occorre, in via pregiudiziale, chiarire che - malgrado la domanda
originaria
riguardasse un'opposizione proposta direttamente avverso un verbale
di
accertamento per violazione di una norma del c.d.s. 1992 elevato
dalla Polizia
stradale e, dunque, la legittimazione passiva spettasse al
Ministero
dell'Interno e non al Prefetto territorialmente competente (cfr.,
ad es., Cass.
n. 9401 del 2009), invece risultato evocato effettivamente nel
giudizio in
questione - deve trovare applicazione il principio affermato
dalla
giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. S.U., n. 3117 del 2006 e,
da ultimo,
Cass. n. 12557 del 2013), in base al quale, ove sia stata
erroneamente chiamata
in giudizio la Prefettura, la carente legittimazione passiva di
quest'ultima è
sanata dall'impugnazione svolta dall'Avvocatura dello Stato, sempre
che questa
non abbia sollevato eccezioni o uno specifico motivo di
impugnazione (come
verificatosi nella fattispecie).
Ciò posto, con la censura in questione, il ricorrente ha inteso
denunciare la
violazione dell'art. 200 c.d.s. 1992, con riferimento all'obbligo
di necessaria
completezza del verbale di accertamento, sul presupposto che,
nella
fattispecie, sarebbe stato indispensabile che gli agenti
verbalizzanti della
Polstrada avessero indicato, ai fini della validità stessa
dell'intero
procedimento amministrativo, tutte le circostanze idonee ad
evidenziare i
presupposti sui quali era stata fondata la complessiva attività
di
accertamento, ivi compreso quello relativo alla tipologia mobile o
temporanea
del segnale di preavviso del controllo di velocità, dato questo che
- per
stessa ammissione trasparente dalla sentenza qui impugnata - non
risultava
essere stato riportato nella copia notificata al trasgressore.
Orbene, sul
punto, la giurisprudenza di questa Corte (v. ad es., Cass. n. 7419
del 2009) ha
evidenziato che, ai sensi dell'art. 4 della L. n. 168 del 2002, da
considerarsi
norma imperativa, la P.A. proprietaria della strada è tenuta a dare
idonea
informazione, con l'apposizione "in loco" di cartelli indicanti
la
presenza di "autovelox", dell'installazione e della
conseguente
utilizzazione dei dispositivi di rilevamento elettronico della
velocità,
configurandosi, in difetto, l'illegittimità del relativo verbale di
contestazione.
A tal riguardo si è puntualizzato che tale disposizione normativa
non può
essere considerata una norma priva di precettività, tale da
consentire
all'interprete di disapplicarla in ragione di un'asserita, ma
inespressa
"ratio", che ne limiterebbe l'efficacia nell'ambito dei
rapporti
organizzativi interni alla P.A. e la cui riscontrata inosservanza
non
inciderebbe sulla validità dell'atto di accertamento.
La cogenza di tale previsione - come dedotto anche dal ricorrente -
è
desumibile anche dal suo innesto successivo direttamente nel corpo
del codice
della strada, essendo stato inserito - per effetto dell'art. 3 del
d.l. 3
agosto 2007, n. 117, conv., con modif., nella L. 2 ottobre 2007, n.
160 - il
nuovo comma 6 bis nel testo dell'art. 142 c.d.s., alla stregua del
quale “le
postazioni di controllo sulla rete stradale per il rilevamento
della velocità
devono essere preventivamente segnalate e ben visibili, ricorrendo
all'impiego
di cartelli o di dispositivi di segnalazione luminosi,
conformemente alle norme
stabilite nel regolamento di esecuzione del c.d.s.". Con la
stessa
disposizione innovativa veniva rimessa l'individuazione delle
modalità di
impiego ad apposito decreto del Ministro dei trsporti, di concerto
con il
Ministro dell'interno ed il primo di tali decreti attuativi -
adeguatamente
richiamato anche dal ricorrente - è stato adottato il 15 agosto
2007,
prevedendosi, in particolare, all'art. 2 (primo comma) che "i
segnali
stradali e i dispositivi di segnalazione luminosi devono essere
installati con
adeguato anticipo rispetto al luogo ove viene effettuato il
rilevamento della
velocità, e in modo da garantirne il tempestivo avvistamento, in
relazione alla
velocità locale predominante", aggiungendosi, nello stesso
articolo,
che "la distanza tra i segnali o i dispositivi e la postazione
di
rilevamento delle velocità deve essere valutata in relazione allo
stato dei
luoghi; in particolare è necessario che non vi siano tra il segnale
e il luogo
di effettivo rilevamento intersezioni stradali che comporterebbero
la ripetizione
del messaggio dopo le stesse, o comunque non superiore a quattro
km".
Come, dunque, può evincersi dal complesso normativo adottato sul
punto, la
preventiva segnalazione univoca ed adeguata della presenza di
sistemi
elettronici di rilevamento della velocità costituisce un obbligo
specifico ed
inderogabile degli organi di polizia stradale demandati a tale tipo
di
controllo, imposto a garanzia dell'utenza stradale, la cui
violazione non può,
pertanto, non riverberarsi sulla legittimità degli accertamenti,
determinandone
la nullità, poiché, diversamente, risulterebbe una prescrizione
priva di
conseguenze, che sembra esclusa dalla stessa ragione logica della
previsione
normativa (laddove si afferma, espressamente, che gli indicatori
preventivi
della presenza degli autovelox "devono essere installati con
adeguato
anticipo...", senza, quindi, lasciare alcun margine di
discrezionalità
alla P.A. circa la possibile elusione di siffatto accorgimento o in
ordine alla
facoltà di ricorrere a sistemi informativi alternativi che, però,
non
assicurino la medesima trasparenza nell'inerente attività di
segnalazione).
In altri termini la "ratio" della preventiva informazione in
questione secondo le modalità indicate dalla legge (anche mediante
gli
strumenti attuativi dei decreti dei competenti Ministeri) è
rinvenibile - come
è stato sottolineato nella pregressa giurisprudenza di legittimità
-
nell'obbligo di civile trasparenza gravante sulla P.A., il cui
potere
sanzionatorio, in materia di circolazione stradale, non è tanto
ispirato
dall'intento della sorpresa ingannevole dell'automobilista
indisciplinato, in
una logica patrimoniale captatoria, quanto da uno scopo di tutela
della
sicurezza stradale e di riduzione dei costi economici, sociali ed
ambientali
derivanti dal traffico veicolare, anche mediante l'utilizzazione
delle nuove
tecnologie di controllo elettronico.
Orbene, alla stregua di tali elementi, si evince che, proprio in
dipendenza
della evidenziata natura di requisito di legittimità - con
riferimento
all'attività di accertamento - del riferito obbligo in capo agli
agenti
verbalizzanti, sarebbe stato necessario, in funzione della
conseguente
legittimità della verbalizzazione delle inerenti operazioni, che
gli
accertatori avessero attestato, nel relativo verbale da redigersi
ai sensi
dell'art. 200 c.d.s. 1992, tale indispensabile modalità
dell'accertamento e,
quindi, anche il carattere temporaneo o permanente della postazione
di
controllo per il rilevamento elettronico della velocità, proprio al
fine di
porre l'assunto contravventore nella condizione di poter valutare
la
legittimità o meno dell'accertamento eseguito in relazione ai
prescritti
adempimenti normativi e regolamentari.
Non essendo stata assolto idoneamente questo compito da parte della
P.A.
(gravando sulla stessa, peraltro, l'onere di provare la contestata
circostanza
circa la natura e la tipologia dell'autovelox utilizzato, siccome
non
risultante dal verbale di accertamento dell'infrazione: cfr. Cass.
n. 680 del
2011, ord.), ne consegue che l'attività di verbalizzazione delle
operazioni
riguardanti l'accertamento eseguito non avrebbe potuto
considerarsi, nella
fattispecie, legittima, donde l'invalidità dell'impugnato
verbale.
Alla stregua delle esposte argomentazioni si ritiene, in
definitiva, che emergano
le condizioni, in relazione al disposto dell'art. 380 bis, comma 1,
c.p.c. (con
riferimento all'ipotesi prevista all'art. 375 n. 5) c.p.c.), per
poter
pervenire al possibile accoglimento del proposto ricorso per sua
manifesta
fondatezza”.
Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte
contenuti nella relazione di cui
sopra;
ritenuto che, pertanto, il ricorso deve essere accolto,
con conseguente
cassazione della sentenza impugnata ed il correlato rinvio della
causa al
Tribunale di Pordenone (in composizione monocratica), in persona di
altro
giudicante, che, oltre a conformarsi al principio di diritto
precedentemente
enunciato, provvederà anche sulle spese della presente fase di
legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie ricorso; cassa la sentenza impugnata e
rinvia, anche per le spese del
presente giudizio, al Tribunale di Pordenone (in composizione
monocratica), in
persona di altro giudicante.
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